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 Albert Einstein - Come io vedo il mondo

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MessaggioTitolo: Albert Einstein - Come io vedo il mondo   Albert Einstein - Come io vedo il mondo Icon_minitimeMer Lug 20, 2011 8:13 pm

"Come io vedo il mondo" di Albert Einstein


Albert Einstein - Come io vedo il mondo Ae10


Nota biografica

Albert Einstein nacque a Ulm (Württemberg) il 14 marzo 1879. Fece i primi studi a Monaco di Baviera nel ginnasio di Liutpold ed ebbe la prima educazione matematica da uno zio ingegnere.
Nel 1894, in seguito a un rovescio di fortuna, la famiglia Einstein lasciò la Germania e si trasferì in Italia dove il padre lavorò come elettrotecnico a Milano, a Pavia, a Isola della Scala e in altre località del Veneto.
Il giovane Albert peregrinò fino a Genova donde emigrò in Svizzera e, fra non lievi difficoltà economiche, si iscrisse alla scuola cantonale di Aarau, dove vi guadagnò il certificato di ammissione alla celebre scuola politecnica di Zurigo.
Qui nel 1910 conseguì la laurea e l'abilitazione all'insegnamento della matematica e fisica. Nel 1911 ottenne la cittadinanza svizzera e si occupò come perito tecnico dell'Ufficio Federale dei Brevetti di Berna.
Gli anni dal 1902 al 1909 rappresentano il periodo della sua più intensa produzione scientifica.
La scoperta dei fondamenti della teoria speciale della relatività (relatività in senso stretto o dei moti multiformi e rettilinei) gli valse nel 1912 la nomina a professore ordinario di matematiche superiori nel Politecnico di Zurigo.
Nel novembre 1913 ebbe una cattedra di fisica nell'accademia prussiana delle scienze di Berlino e nella primavera del 1914, succedendo a Enrico Van't Hoff, fu chiamato a dirigere il Kaiser-Weilhelm-Institut per la fisica.
Nel 1933 le persecuzioni politiche e razziali del nazismo indussero Einstein a lasciare l'Europa.
Emigrò negli Stati Uniti d'America ed entrò a far parte dell'Institute for Advanced Studes di Princeton, dove morì nel 1955.
Albert Einstein ha dato alla fisica moderna il contributo di una creazione geniale che rimarrà nei secoli futuri una delle pietre miliari nella storia del pensiero umano. Nel 1905, con la memoria Zur Elektrodynamik bewegter Körper, gettò le basi della teoria speciale della relatività, fondata sulla costanza della velocità della luce nel vuoto quale limite superiore dell'osservabilità di qualsiasi fenomeno.
Uno dei risultati che Einstein aveva dedotto da questa teoria, e cioè che massa ed energia sono equivalenti, doveva avere quarant'anni dopo una terrificante conferma, con una forza di distruzione mai conosciuta: lo scoppio della prima bomba atomica.
Pochi sanno che in questo avvenimento Einstein ebbe una parte fondamentale.
Si deve al suo diretto intervento se il Presidente Roosevelt mise a disposizione i colossali capitali necessari per quelle ricerche che dovevano portare alla bomba di Hiroshima.
Nel 1939 i fisici Fermi e Szilard erano pervenuti a importanti risultati nel campo della fisica atomica, in particolare nella disintegrazione dell'uranio, e avevano intuite le tremende possibilità derivanti dall'impiego dell'energia atomica per scopi bellici.
Tuttavia essi sapevano che non sarebbero stati ascoltati a meno che la questione non venisse direttamente presentata da un'alta personalità mondiale; Fermi e Szilard conferirono con Einstein.
Einstein non desiderava immischiarsi in questioni militari, ne tantomeno desiderava incoraggiare la costruzione dell'arma più terribile che fosse mai stata costruita dall'uomo.
Tuttavia egli sapeva bene che se la Germania fosse giunta per prima in possesso dell'energia atomica, non avrebbe esitato ad usarla come strumento di dominazione del mondo.
Pochi giorni dopo Einstein scriveva al Presidente Roosevelt: "Alcuni recenti lavori di E. Fermi e di L. Szilard, che mi furono presentati manoscritti, mi convincono che l'elemento uranio possa essere usato come nuova ed importante fonte di energia nel prossimo avvenire... Una sola bomba di questo tipo... che esplodesse in un porto... potrebbe assai facilmente distruggere l'intero porto insieme al territorio circostante". Tralasciando i lavori, del resto notevoli, che egli ha compiuto sulla teoria dei moti browniani, sulla teoria statica dei campi gravitazionali, e il poderoso contributo apportato alla teoria dei quanti (si deve ad Einstein l'ipotesi del "fotone"), non si può trascurare, per la sua immensa portata, l'ormai classica memoria apparsa nel 1916: Die Grundlagen der allgemeinen Relativitatstheorie.
Essa comprende una nuova teoria della gravitazione con le sue più brillanti conseguenze e previsioni: spiegazione dell'accelerazione secolare nei perieli dei pianeti; deflessione dei raggi luminosi in un campo gravitazionale; spostamento delle righe dello spettro verso il rosso ecc.
Questa teoria doveva avere nel 1919 una clamorosa conferma dai fatti. Ed ecco come: nella sua teoria Einstein aveva predetto lo spostamento delle immagini stellari durante una eclisse totale di sole (deflessione dei raggi luminosi in un campo gravitazionale).
Il 29 marzo 1919 si sarebbe verificata una eclisse totale di sole che poteva offrire favorevoli condizioni per la verifica della teoria di Einstein.
La Royal Society e la Royal Astronomic Society di Londra incaricarono un comitato presieduto dall'illustre fisico Sir Arthur Eddington di fare i preparativi per una spedizione nella zona in cui il sole sarebbe apparso totalmente oscurato.
Furono inviate due spedizioni in due punti molto lontani fra loro entro la zona di eclisse totale: una nel Sobral, nord del Brasile, l'altra nelle isole Principe, golfo di Guinea. Il 6 novembre 1919 la Royal Society e la Royal Astronomic Society annunciarono che i raggi di luce sono effettivamente deviati nel campo gravitazionale del sole e proprio nella quantità predetta dalla nuova teoria di Einstein.
A. N. Whitehead, presente a quella seduta, racconta fra l'altro: "Fu per me una fortuna essere presente alla seduta della Royal Society a Londra quando l'Astronomer Royal annunciò che le lastre fotografiche della famosa eclisse, misurate dai suoi colleghi nell'osservatorio di Greenwich, avevano confermato la predizione di Einstein secondo la quale i raggi deviano passando vicino al sole.
Vi era un'atmosfera di dramma greco.
Noi eravamo il coro che commentava i decreti del destino, rivelati dallo svolgersi di avvenimenti eccezionali... sullo sfondo il ritratto di Newton a ricordarci che la più grande generalizzazione scientifica stava ora, dopo più di due secoli, per ricevere la prima modificazione... Una grande avventura del pensiero era giunta salva alla riva..." In quel tempo era presidente della Royal Society Sir J. Thomson, il famoso fisico.
Nell'aprire la seduta egli definì la teoria di Einstein "uno dei piu grandi successi della storia del pensiero umano", e aggiunse: "Non è la scoperta di un'isola fuori mano, ma di un intero continente di nuove idee scientifiche".
Negli ultimi anni della sua vita Einstein lavorava a una "teoria generalizzata della gravitazione", tendente a legare in un'unica relazione le due teorie della relatività e dei quanti.
Einstein avvertiva tuttavia: "A causa di difficoltà matematiche non ho ancora trovato il modo pratico di controllare i risultati della mia teoria con una dimostrazione sperimentale".
A conclusione di queste brevi considerazioni, vogliamo riportare il giudizio sull'opera di Einstein di un grande fisico francese, Louis de Broglie, cui si devono fra l'altro, le idee nuove che stanno alla base della meccanica ondulatoria: "per tutti gli uomini colti, siano essi o meno votati a qualche ramo della Scienza, il nome di Albert Einstein evoca lo sforzo intellettuale geniale, che capovolgendo i dati più tradizionali della fisica è riuscito a stabilire la relatività delle nozioni di spazio e di tempo, l'inerzia dell'energia e l'interpretazione in qualche modo puramente geometrica delle forze di gravitazione.
E' infatti questa un'opera ammirevole, paragonabile alle più grandi opere che s'incontrano nella storia delle scienze, ad esempio quella di Newton; di per se stessa, basterebbe ad assicurare al suo autore una gloria imperitura".

Come io vedo il mondo
Società e Personalità

Se consideriamo la nostra esistenza e i nostri sforzi, rileviamo subito che tutte le nostre azioni e i nostri desideri sono legati all'esistenza degli altri uomini e che, per la nostra stessa natura, siamo simili agli animali che vivono in comunità.
Ci nutriamo di alimenti prodotti da altri uomini, portiamo abiti fatti da altri, abitiamo case costruite dal lavoro altrui. La maggior parte di quanto sappiamo e crediamo ci e stata insegnata da altri per mezzo di una lingua che altri hanno creato.
Senza la lingua la nostra facoltà di pensare sarebbe assai meschina e paragonabile a quella degli animali superiori; perciò la nostra priorità sugli animali consiste prima di tutto - bisogna confessarlo - nel nostro modo di vivere in società.
L'individuo lasciato solo fin dalla nascita resterebbe, nei suoi pensieri e sentimenti, simile agli animali in misura assai difficile ad immaginare.
Ciò che è e ciò che rappresenta l'individuo non lo e in quanto individuo, ma in quanto membro di una grande società umana che guida il suo essere materiale e morale dalla nascita fino alla morte.
Il valore di un uomo, per la comunità in cui vive, dipende anzitutto dalla misura in cui i suoi sentimenti, i suoi pensieri e le sue azioni contribuiscono allo sviluppo dell'esistenza degli altri individui.
Infatti abbiamo l'abitudine di giudicare un uomo cattivo o buono secondo questo punto di vista.
Le qualità sociali di un uomo appaiono al primo incontro, le sole valevoli a determinare il nostro giudizio su di lui.
Eppure anche questa teoria non è rigorosamente esatta.
Non è difficile comprendere che tutti i beni materiali, intellettuali e morali ricevuti dalla società sono giunti a noi nel corso di innumerevoli generazioni di individualità creatrici. Quello di oggi è un individuo che ha scoperto in un sol colpo l'uso del fuoco, un individuo che ha scoperto la coltura delle piante nutritive, un individuo che ha scoperto la macchina a vapore.

Libertà spirituale degli individui e unità sociale

E tuttavia solo l'individuo libero può meditare e conseguentemente creare nuovi valori sociali e stabilire nuovi valori etici attraverso i quali la società si perfeziona.
Senza personalità creatrici capaci di pensare e giudicare liberamente, lo sviluppo della società in senso progressivo e altrettanto poco immaginabile quanto lo sviluppo della personalità individuale senza l'ausilio vivificatore della società. Una comunità sana è perciò legata tanto alla libertà degli individui quanto alla loro unione sociale.
E' stato detto con molta ragione che la civiltà greco-europeo-americana, e in particolare il rifiorire della cultura del Rinascimento italiano subentrato alla stasi del Medio Evo in Europa, trovò soprattutto il suo fondamento nella libertà e nell'isolamento relativo dell'individuo.
Consideriamo ora la nostra epoca, in quali condizioni sono oggi la società le personalità?
In rapporto al passato la popolazione dei paesi civilizzati è estremamente densa; l'Europa ospita all'incirca una popolazione tre volte maggiore di quella di cento anni fa. Ma il numero di uomini dotati di temperamento geniale e diminuito senza proporzione.
Solo un esiguo numero di uomini, per le loro facoltà creatrici, sono conosciuti dalle masse come personalità. In una certa misura l'organizzazione ha sostituito le qualità del genio nel campo della tecnica, ma anche, e in misura notevolissima, nel campo scientifico.
La penuria di personalità si fa sentire in modo particolare nel campo artistico.
La pittura e la musica sono oggi nettamente degenerate e suscitano nel popolo echi assai meno intensi.
La politica non manca solo di capi: l'indipendenza intellettuale e il sentimento del diritto si sono profondamente abbassati nella borghesia e l'organizzazione democratica e parlamentare che poggia su quella indipendenza e stata sconvolta in molti paesi; sono nate dittature e sono state sopportate perchè il sentimento della dignità e del diritto non è più sufficientemente vivo.

Decadimento della dignità umana

I giornali di un Paese possono, in due settimane, portare la folla cieca e ignorante a un tale stato di esasperazione e di eccitazione da indurre gli uomini ad indossare l'abito militare per uccidere e farsi uccidere allo scopo di permettere a ignoti affaristi di realizzare i loro ignobili piani. Il servizio militare obbligatorio mi sembra il sintomo più vergognoso della mancanza di dignità personale di cui soffre oggi la nostra umanità civilizzata.
In relazione a questo stato di cose non mancano profeti che prevedono prossimo il crollo della nostra civiltà.
Io non sono nel numero di questi pessimisti: io credo in un avvenire migliore.

Il sistema economico ostacola la libera evoluzione

A mio avviso l'attuale decadenza sociale dipende dal fatto che lo sviluppo dell'economia e della tecnica ha gravemente esacerbato la lotta per l'esistenza e quindi la libera evoluzione degli individui ha subìto durissimi colpi.
Ma per soddisfare i bisogni della comunità, il progresso della tecnica esige oggi dagli individui un attività assai minore.
La divisione razionale del lavoro diverrà una necessità sempre più imperiosa e porterà alla sicurezza materiale degli uomini.
E questa sicurezza unita al tempo e all'energia che resterà disponibile, può essere un elemento favorevole allo sviluppo della personalità.
In questo modo la società può ancora guarire e noi vogliamo sperare che gli storici futuri presenteranno le manifestazioni patologiche del nostro tempo come le malattie infantili di una umanità dalle possenti aspirazioni, provocate dalla corsa troppo rapida della civiltà.

Valore sociale della ricchezza

Sono fermamente convinto che tutte le ricchezze del mondo non potrebbero spingere l'umanità più avanti anche se esse si trovassero nelle mani di un uomo totalmente consacrato all'evoluzione del ge nere umano.
Solo l'esempio di personalità grandi e pure può condurre a nobili pensieri e ad elette azioni.
Il denaro suscita soltanto egoismo e spinge sempre, irresistibilmente, a farne cattivo uso.
Si possono immaginare Mosè, Gesù o Gandhi armati della borsa di Carnegie?

Perchè viviamo


Ben singolare è la situazione di noialtri mortali.
Ognuno di noi è su questa terra per una breve visita; egli non sa il perchè, ma assai spesso crede di averlo capito.
Non si riflette profondamente e ci si limita a considerare un aspetto della vita quotidiana; siamo qui per gli altri uomini: anzitutto per coloro dal cui sorriso e dal cui benessere dipende la nostra felicità, ma anche per quella moltitudine di sconosciuti alla cui sorte ci incatena un vincolo di simpatia.
Ecco il mio costante pensiero di ogni giorno: la vita esteriore ed interiore dipende dal lavoro dei contemporanei e da quello dei predecessori; io devo sforzarmi di dar loro, in eguale misura, ciò che ho ritenuto e ciò che ancora ricevo.
Sento il bisogno di condurre una vita semplice e ho spesso la penosa consapevolezza di chiedere all'attività dei miei simili più di quanto non sia necessario.
Mi rendo conto che le differenze di classe sociale non sono giustificate e che, in fin dei conti, trovano il loro fondamento nella violenza; ma credo anche che una vita modesta sia adatta a chiunque, per il corpo e per lo spirito.
Limiti della nostra libertà
Non credo affatto alla libertà dell'uomo nel senso filosofico della parola. Ciascuno agisce non soltanto sotto l'impulso di un imperativo esteriore, ma anche secondo una necessità interiore.
L'aforisma di Schopenhauer: "E' certo che un uomo può fare ciò che vuole, ma non può volere che ciò che vuole" mi ha vivamente impressionato fin dalla giovinezza; nel turbine di avvenimenti e di prove imposte dalla durezza della vita, quelle parole sono sempre state per me un conforto e una sorgente inesauribile di tolleranza.
Aver coscienza di ciò contribuisce ad addolcire il senso di responsabilità che facilmente ci mortifica e ci evita di prendere troppo sul serio noi come gli altri; si è condotti cosi a una concezione della vita che lascia un posto singolare all'humor.

Il benessere e la felicità

Da un punto di vista obiettivo, preoccuparsi del senso o del fine della nostra esistenza e di quella delle altre creature mi è sempre parso assolutamente vuoto di significato.
Ciononostante ogni uomo è legato ad alcuni ideali che gli servono di guida nell'azione e nel pensiero.
In questo senso il benessere e la felicità non mi sono mai apparsi come la meta assoluta (questa base della morale la definisco l'ideale dei porci).
Gli ideali che hanno illuminato la mia strada e mi hanno dato costantemente un coraggio gagliardo sono stati il bene, la bellezza e la verità.
Senza la coscienza di essere in armonia con coloro che condividono le mie convinzioni, senza la affannosa ricerca del giusto, eternamente inafferrabile,
del dominio dell'arte e della ricerca scientifica, la vita mi sarebbe parsa assolutamente vuota.
Fin dai miei anni giovanili ho sempre considerato spregevoli le mete volgari alle quali l'umanità indirizza i suoi sforzi: il possesso di beni, il successo apparente e il lusso.

Un cavallo che tira da solo


In singolare contrasto col mio senso ardente di giustizia e di dovere sociale, non ho mai sentito la necessità di avvicinarmi agli uomini e alla società in generale.
Sono proprio un cavallo che vuol tirare da solo; mai mi sono dato pienamente ne allo stato, ne alla terra natale, ne agli amici e neppure ai congiunti più prossimi; anzi ho sempre avuto di fronte a questi legami la sensazione netta di essere un estraneo e ho sempre sentito il bisogno di solitudine; e questa sensazione non fa che aumentare con gli anni.
Sento fortemente, ma senza rimpianto, di toccare il limite dell'intesa e dell'armonia con il prossimo.
Certo, un uomo di questo carattere perde così una parte del suo candore e della sua serenità, ma ci guadagna una larga indipendenza rispetto alle opinioni, abitudini e giudizi dei suoi simili; ne sarà tentato di stabilire il suo equilibrio su basi cosi malferme.

Ciascuno deve essere rispettato

Il mio ideale politico è l'ideale democratico. Ciascuno deve essere rispettato nella sua personalità e nessuno deve essere idolatrato. Per me l'elemento prezioso nell'ingranaggio dell'umanità non è lo Stato, ma e l'individuo creatore e sensibile, è insomma la personalità; è questa sola che crea il nobile e il sublime, mentre la massa e stolida nel pensiero e limitata nei suoi sentimenti.

La guerra

Questo argomento mi induce a parlare della peggiore fra le creazioni, quella delle masse armate, del regime militare voglio dire, che odio con tutto il cuore.
Disprezzo profondamente chi è felice di marciare nei ranghi e nelle formazioni al seguito di una musica: costui solo per errore ha ricevuto un cervello; un midollo spinale gli sarebbe più che sufficiente.
Bisogna sopprimere questa vergogna della civiltà il più rapidamente possibile. L'eroismo comandato, gli stupidi corpo a corpo, il nefasto spirito nazionalista, come odio tutto questo!
E quanto la guerra mi appare ignobile e spregevole! Sarei piuttosto disposto a farmi tagliare a pezzi che partecipare a una azione così miserabile. Eppure, nonostante tutto, io stimo tanto l'umanità da essere persuaso che questo fantasma malefico sarebbe da lungo tempo scomparso se il buonsenso dei popoli non fosse sistematicamente corrotto, per mezzo della scuola e della stampa, dagli speculatori del mondo politico e del mondo degli affari.

Religione e scienza
Significato della vita

Qual e il senso della nostra esistenza, qual e il significato dell'esistenza di tutti gli esseri viventi in generale?
Il saper rispondere a una siffatta domanda significa avere sentimenti religiosi.
Voi direte: ma ha dunque un senso porre questa domanda. Io vi rispondo: chiunque crede che la sua propria vita e quella dei suoi simili sia priva di significato e non soltanto infelice, ma appena capace di vivere.

Religiosità cosmica


La più bella sensazione è il lato rnisterioso della vita. E' il sentimento profondo che si trova sempre nella culla dell'arte e della scienza pura. Chi non è più in grado di provare né stupore né sorpresa è per cosi dire morto; i suoi occhi sono spenti.
L'impressione del misterioso, sia pure misto a timore, ha suscitato, tra l'altro, la religione.
Sapere che esiste qualcosa di impenetrabile, conoscere le manifestazioni dell'intelletto più profondo e della bellezza più luminosa, che sono accessibili alla nostra ragione solo nelle forme più primitive, questa conoscenza e questo sentimento, ecco la vera devozione: in questo senso, e soltanto in questo senso, io sono fra gli uomini più profondamente religiosi.
Non posso immaginarmi un Dio che ricompensa e che punisce l'oggetto della sua creazione, un Dio che soprattutto esercita la sua volontà nello stesso modo con cui l'esercitiamo su noi stessi.
Non voglio e non possono figurarmi un individuo che sopravviva alla sua morte corporale: quante anime deboli, per paura e per egoismo ridicolo, si nutrono di simili idee.
Mi basta sentire il mistero dell'eternità della vita, avere la coscienza e l'intuizione di ciò che è, lottare attivamente per afferrare una particella, anche piccolissima, dell'intelligenza che si manifesta nella natura.
Difficilmente troverete uno spirito profondo nell' indagine scientifica senza una sua caratteristica religiosità.
Ma questa religiosità si distingue da quella dell'uomo semplice: per quest'ultimo Dio è un essere da cui spera protezione e di cui teme il castigo, un essere col quale corrono, in una certa misura, relazioni personali per quanto rispettose esse siano: e un sentimento elevato della stessa natura dei rapporti fra figlio e padre.

Le basi umane della morale

Al contrario, il sapiente e compenetrato dal senso della causalità per tutto ciò che avviene.
Per lui l'avvenire non comporta una minore decisione e un minore impegno del passato; la morale non ha nulla di divino, e una questione puramente umana.
La sua religiosità consiste nell'ammirazione estasiata delle leggi della natura; gli si rivela una mente cosi superiore che tutta l'intelligenza messa dagli uomini nei loro pensieri non è al cospetto di essa che un riflesso assolutamente nullo.
Questo sentimento è il leit-motiv della vita e degli sforzi dello scienziato nella misura in cui può affrancarsi dalla tirannia dei suoi egoistici desideri.
Indubbiamente questo sentimento è parente assai prossimo di quello che hanno provato le menti creatrici religiose di tutti i tempi.
Tutto ciò che è fatto è immaginato dagli uomini serve a soddisfare i loro bisogni e a placare i loro dolori. Bisogna sempre tener presente allo spirito questa verità se si vogliono comprendere i movimenti intellettuali e il loro sviluppo perché i sentimenti e le aspirazioni sono i motori di ogni sforzo e di ogni creazione umana, per quanto sublime possa apparire questa creazione.
Quali sono dunque i bisogni e i sentimenti che hanno portato l'uomo all'idea e alla fede, nel significato più esteso di queste parole?
Se riflettiamo a questa domanda vediamo subito che all'origine del pensiero e della vita religiosa si trovano i sentimenti più diversi. Nell'uomo primitivo e in primo luogo la paura che suscita l'idea religiosa; paura della fame, delle bestie feroci, delle malattie, della morte.
Siccome, in questo stato inferiore, le idee sulle relazioni causali sono di regola assai limitate, lo spirito umano immagina esseri più o meno analoghi a noi dalla cui volontà e dalla cui azione dipendono gli eventi avversi e temibili e crede di poter disporre favorevolmente di questi esseri con azioni e offerte, le quali, secondo la fede tramandata di tempo in tempo, devono placarli e renderli benigni.
E in questo senso io chiamo questa religione la religione del terrore; la quale, se non creata, è stata almeno rafforzata e resa stabile dal formarsi di una casta sacerdotale particolare che si dice intermediaria fra questi esseri temuti e il popolo e fonda su questo privilegio la sua posizione dominante.
Spesso il re o il capo dello stato, che trae la sua autorità da altri fattori, o anche da una classe privilegiata, unisce alla sua sovranità le funzioni sacerdotali per dare maggior fermezza al regime esistente; oppure si determina una comunanza d'interessi fra la casta che detiene il potere politico e la casta sacerdotale.
C'e un'altra origine dell'organizzazione religiosa: i sentimenti sociali. Il padre e la madre capi delle grandi comunità umane, sono mortali e fallibili. L'aspirazione ardente all'amore, al sostegno, alla guida, genera l'idea divina sociale e morale.
E' il Dio-Provvidenza che protegge, fa agire, ricompensa e punisce.
E' quel Dio che, secondo l'orizzonte dell'uomo, ama e incoraggia la vita della tribù, l'umanità e la vita stessa; quel Dio consolatore nelle sciagure e nelle speranze deluse, protettore delle anime dei trapassati. Tale è l'idea di Dio considerata sotto l'aspetto morale e sociale.
Nelle Sacre Scritture del popolo ebreo si può seguire bene l'evoluzione della religione del terrore in religione morale che poi continua nel Nuovo Testamento.
Le religioni di tutti i popoli civili, e in particolare anche dei popoli orientali, sono essenzialmente religioni morali. Il passaggio dalla religione-terrore alla religione morale costituisce un progresso importante nella vita dei popoli.
Bisogna guardarsi dal pregiudizio che consiste nel credere che le religioni delle razze primitive sono unicamente religioni-terrore e quelle dei popoli civili unicamente religioni morali.
Ogni religione è in fondo un miscuglio dell'una e dell'altra con una percentuale maggiore tuttavia di religione morale nei gradi più elevati della vita sociale.

Iddii di forma umana

Tutte queste religioni hanno comunque un punto comune, ed è il carattere antropomorfo dell'idea di Dio: oltre questo livello non si trovano che individualità particolarmente nobili. Ma in ogni caso vi è ancora un terzo grado della vita religiosa, sebbene assai raro nella sua espressione pura ed è quello della religiosità cosmica. Essa non può essere pienamente compresa da chi non la sente poiché non vi corrisponde nessuna idea di un Dio antropomorfo.
L'individuo è cosciente della vanità delle aspirazioni e degli obiettivi umani e, per contro, riconosce l'impronta sublime e l'ordine ammirabile che si manifestano tanto nella natura quanto nel mondo del pensiero.
L'esistenza individuale gli da l'impressione di una prigione e vuol vivere nella piena conoscenza di tutto ciò che è, nella sua unità universale e nel suo senso profondo.
Già nei primi gradi dell' evoluzione della religione (per esempio in parecchi salmi di David e in qualche Profeta), si trovano i primi indizi della religione cosmica; ma gli elementi di questa religione sono più forti nel buddismo, come abbiamo imparato in particolare dagli scritti ammirabili di Schopenhauer.

La religiosità cosmica non conosce dogmi

I geni religiosi di tutti i tempi risentono di questa religiosità cosmica che non conosce nè dogmi nè Dei concepiti secondo l'immagine dell'uomo.
Non vi è perciò alcuna Chiesa che basi il suo insegnamento fondamentale sulla religione cosmica.
Accade di conseguenza che è precisamente fra gli eretici di tutti i tempi che troviamo uomini penetrati di questa religiosità superiore e che furono considerati dai loro contemporanei più spesso come atei, ma sovente anche come santi.
Democrito, Francesco d'Assisi e Spinoza stanno vicini
Sotto questo aspetto uomini come Democrito, Francesco d'Assisi e Spinoza possono stare l'uno vicino all'altro. Come può la religiosità cosmica comunicarsi da uomo a uomo, se non conduce ad alcuna idea formale di Dio ne ad alcuna teoria?
Mi pare che sia precisamente la funzione capitale dell'arte e della scienza di risvegliare e mantenere vivo questo sentimento fra coloro che hanno la facoltà di raccoglierlo.

Antagonismo tra religione del terrore e scienza

Giungiamo cosi a una concezione dei rapporti fra scienza e religione assai differente dalla concezione abituale. Secondo considerazioni storiche, si è propensi a ritenere scienza e religione antagonisti inconciliabili, e questo si comprende facilmente. L'uomo che crede nelle leggi causali, arbitro di tutti gli avvenimenti, se prende sul serio l'ipotesi della causalità, non può concepire l'idea di un Essere che interviene nelle vicende umane, e perciò la religione-terrore, come la religione sociale o morale, non ha presso di lui alcun credito; un Dio che ricompensa e che punisce e per lui inconcepibile perchè l'uomo agisce secondo leggi esteriori ineluttabili e per conseguenza non potrebbe essere responsabile verso Dio, allo stesso modo che un oggetto inanimato non e responsabile dei suoi movimenti. A torto si è rimproverato alla scienza di insidiare la morale.
La condotta etica dell'uomo deve basarsi effettivamente sulla compassione, l'educazione e i legami sociali, senza ricorrere ad alcun principio religioso.
Gli uomini sarebbero da compiangere se dovessero essere frenati dal timore di un castigo o dalla speranza di una ricompensa dopo la morte.
Si capisce quindi perchè la Chiesa abbia in ogni tempo combattuto la scienza e perseguitato i suoi adepti.
Mirabile accordo tra religione cosmica e scienza
D'altra parte io sostengo che la religione cosmica è l'impulso più potente e più nobile alla ricerca scientifica.
Solo colui che può valutare gli sforzi e soprattutto i sacrifici immani per arrivare a quelle scoperte scientifiche che schiudono nuove vie, è in grado di rendersi conto della forza del sentimento che solo può suscitare un'opera tale, libera da ogni vincolo con la via pratica immediata.
Quale gioia profonda a cospetto dell'edificio del mondo e quale ardente desiderio di conoscere sia pure limitato a qualche debole raggio dello splendore rivelato dall'ordine mirabile dell'universo dovevano possedere Kepler e Newton per aver potuto, in un solitario lavoro di lunghi anni svelare il meccanismo celeste.
Colui che non conosce la ricerca scientifica che attraverso i suoi effetti pratici, non può assolutamente formarsi un'opinione adeguata sullo stato d'animo di questi uomini i quali, circondati da contemporanei scettici, aprirono la via a quanti compresi delle loro idee, si sparsero poi di secolo in secolo attraverso tutti i paesi del mondo.
Soltanto colui che ha consacrato la propria vita a propositi analoghi può formarsi una immagine viva di ciò che ha animato questi uomini e di ciò che ha dato loro la forza di restare fedeli al loro obiettivo nonostante gli insuccessi innumerevoli. E' la religiosità cosmica che prodiga simili forze.
Non e senza ragione che un autore contemporaneo ha detto che nella nostra epoca, votata in generale al materialismo, gli scienziati sono i soli uomini profondamente religiosi.

Elevare gli uomini


E' giusto, in linea di principio, dare solenne testimonianza d'affetto a coloro che hanno contribuito maggiormente a nobilitare gli uomini, l'esistenza umana. Ma se si vuole anche indagare sulla natura di essi, allora si incontrano notevoli difficoltà.
Per quanto riguarda i capi politici, e anche religiosi, e spesso molto difficile stabilire se costoro hanno fatto più bene che male. Di conseguenza credo sinceramente che indirizzare gli uomini alla cultura di nobili discipline e poi indirettamente elevarli, sia il servizio migliore che si possa rendere all'umanità.
Questo metodo trova conferma, in primo luogo, nei cultori delle lettere, della filosofia e delle arti, ma anche, dopo di essi, negli scienziati.
Non sono, è vero, i risultati delle loro ricerche che elevano e arricchiscono moralmente gli uomini, ma è il loro sforzo per capire, è il loro lavoro intellettuale fecondo e capace.
Il vero valore di un uomo si determina esaminando in quale misura e in che senso egli e giunto a liberarsi dall'io.

Albert Einstein



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